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Riparto con gioia!

Lucia Santarelli
1562
02 Febbraio 2013

Brasile, Italia, Sierra Leone, Stati Uniti, di nuovo Brasile…

...gli anni sono ormai tanti, ma Lucia Santarelli è ben contenta di poter tornare al suo lavoro missionario nel sud del Brasile. Ecco qualche cenno della sua esperienza.

Per moltiplicare i missionari

Il Brasile, con il 90% di battezzati cattolici, è il paese più cattolico del mondo. La sua Chiesa è ancora fiorente, vivace, forma i laici, dà loro spazio. A questo aspetto di fede, s’aggiungono le doti naturali del popolo brasiliano: affabile, accogliente, generoso. In esso convivono pacificamente diverse etnie, unificate anche da un forte senso d’identità.

Tutto è superlativo in Brasile. Il suo sottosuolo è ricco, il suolo vasto e ricco di foreste, con bellezze naturali, coste attraenti per i turisti, un clima vario e mite, che favorisce la coltivazione di una grande varietà di piante.

L’ingiustizia però trova ancora ampio spazio nel Paese. Una ristretta cerchia di persone è sempre più ricca a fronte di una vasta parte di popolazione sempre più povera. C’è violenza diffusa, droga, corruzione politica su vasta scala. I governi hanno mantenuto poco le loro promesse elettorali.  Il numero dei cattolici diminuisce per l’abbandono di tante persone che sono andate verso le sette ed è diminuita in certo qual modo la dimensione profetica della Chiesa.  

Cosciente di ciò, la Chiesa brasiliana sta mettendo in moto delle verifiche e impegnandosi per rinnovarsi, anche attraverso l’Anno della fede. I vescovi insistono sul tema della “Nuova Evangelizzazione”, perché esiste una base cristiana, che ha bisogno di essere purificata, per tornare all’autenticità di Gesù.

Noi saveriane siamo in Brasile non per la prima evangelizzazione, ma per suscitare e preparare missionari che oltrepassino le frontiere per annunciare la Buona notizia di Gesù e del suo regno ai popoli e gruppi che ancora non la conoscono.

Il seme è cresciuto

Avevo lavorato in Brasile negli anni 1964-1982: gli anni del boom della catechesi, delle comunità di base, della lotta contro la dittatura, del risveglio della coscienza missionaria, con gemellaggi tra nord e sud del Paese. Tornandovi dopo quindici anni di assenza, ho trovato una chiesa che si è aperta alla missione nell’intero continente latinoamericano e oltre, verso il mondo intero. Statistiche recenti dicono che il Brasile ha già circa duemila missionari nel mondo, di cui trenta nostre sorelle brasiliane.

I laici sono sempre più preparati e la Chiesa favorisce in tanti modi la loro preparazione. Il loro servizio apostolico è gratuito e la parrocchia ne promuove la crescita con ritiri e studi della Parola. Dei giovani con cui lavoravo anni fa, ora alcuni sono animatori dei vari campi della pastorale, altri consacrati nella vita presbiterale, missionaria o matrimoniale; molti sono diaconi permanenti. È stata per me una grande soddisfazione.

Nelle case, a turno

Negli ultimi sei anni ho lavorato a Vila Casoni, quartiere della periferia di Londrina, nell’accompagnamento dei gruppi di riflessione biblica. Mi occupo della formazione dei loro coordinatori e partecipo spesso anche agli incontri dei gruppi, per rendermi conto del percorso in atto. I coordinatori curano un gruppo di animatori, ciascuno dei quali anima un gruppo biblico.

Gli animatori sono indicati dai membri stessi del gruppo, che è formato da una decina di persone. Gli incontri avvengono nelle famiglie, a turno. La parrocchia ha quattro punti di celebrazione liturgica, in ognuno dei quali mensilmente c’è il “Giorno della Parola”, in cui il coordinatore spiega agli animatori il tema biblico delle settimane successive.

È tutta la Chiesa brasiliana che ha fatto la scelta della pastorale biblica. Tutte le diocesi hanno lo stesso tema, un libro biblico per anno. A ciò si aggiunge in Quaresima la Campagna di fraternità e nell’Avvento una riflessione sulla spiritualità di quel tempo liturgico.

L’essenziale

A una missionaria che parte per la prima volta direi: “Sta’ con Gesù, contemplalo, guarda quello che egli ha fatto e detto”. Il suo sguardo amoroso coinvolge e dà la dimensione giusta delle cose. Ho capito che più pregavo, più riuscivo a trasmettere il messaggio. La gente percepisce se siamo teatranti o persone innamorate di Gesù, se parliamo da tecniche o da consacrate.  

Chiediti spesso: dove sto con la mia testa e con il mio cuore? Dobbiamo stare “nella casa del Padre”, superando emozioni, distrazioni, personalismi. Allora non temiamo più la morte, la sconfitta, il fiasco, gli anni che crescono e le forze che diminuiscono. Diveniamo capaci di lasciar cadere tante sgarberie della vita. Gesù ha vissuto la croce come missione non come vittima.

Concentrarsi nell’essere, nel fissare lo sguardo, è un riposo particolare.

Quanto il Papa ha scritto nella lettera di indizione dell’Anno della fede, Porta fidei, mi ha ancora più convinta. Non andiamo a portare né cultura né sapere, ma Gesù.