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Chi siamo

Origine

19645

Origine della congregazione delle missionarie di Maria - Saveriane

IL MISTERIOSO INTRECCIO DI DUE SI'

Un disegno pensato in Alto prende forma grazie alla collaborazione di due persone, lontane dall'immaginare quanto sta per nascere, unicamente desiderose di cercare e di fare ciò che vuole il Signore. Il saveriano Giacomo Spagnolo, giovane padre poco più che trentenne, si trova coinvolto nel progetto di fondare una Congregazione missionaria, ramo femminile dell'Istituto Saveriano. Scoprirà poi di attuare così il desiderio che il Beato Guido Maria Conforti aveva in cuore e non aveva potuto realizzare in vita.

Dialogando con i superiori e con persone di fiducia e da loro incoraggiato, capisce che il Signore gli chiede di interessarsi di tale opera. Pensa di chiedere la collaborazione della signorina Bottego, una donna di 48 anni, di grande umanità e spiritualità. Insegnante di lingua, dà lezione di inglese agli studenti saveriani. Alla proposta del padre Giacomo reagisce con un rifiuto, dicendosi disposta a dare i mezzi materiali, ma che non si riteneva capace di occuparsi personalmente dell'opera.

Il padre, persuaso che l'iniziativa è del Signore, si pone in ascolto attento e umile dei segni del suo volere, restando in attesa orante e fiduciosa.

Scrive, ricordando quei momenti:

Ero disposto a tutto seguendo l'azione divina. Avevo detto il mio sì al Signore, ma Lui doveva precedermi, non potendo io che cooperare malamente con lui.

Circa un anno dopo, in occasione della Pasqua 1944, padre Giacomo, da poco rettore della teologia saveriana, invia alla signorina Bottego un biglietto augurale, accompagnato da una cartolina raffigurante il Crocifisso del Velasquez, con la scritta, a tergo, della parola “Tutto”. Una parola che “voleva esprimere la completezza della donazione di Gesù e la sua attesa di un dono totalitario da parte della creatura”.

Celestina rimane scossa e turbata. Inizia per lei un tempo di travaglio interiore, mentre all'esterno continua il dramma della seconda guerra mondiale.

La situazione di insicurezza e di pericolo creata dai bombardamenti costringe padre Giacomo a sfollare insieme alla comunità degli studenti saveriani sulle colline parmensi. Anche Celestina Bottego si rifugia nella stessa località dell'Appennino e chiede di assistere alle meditazioni che padre Giacomo tiene durante gli esercizi spirituali predicati ai diaconi prossimi all'ordinazione sacerdotale. In quel clima di preghiera e di contemplazione Celestina comprende che per cercare unicamente il Signore e non se stessa deve arrendersi. Il 24 maggio 1944 pronuncia il suo sì.

Rievocando quel giorno scriverà più tardi:

In un'atmosfera di pura fede e di fervore fui condotta a dire il mio sì da un tenue impulso interiore a cui non potevo resistere. Sapevo di essere libera eppure non ero libera.

Segue un tempo di silenzio e di preghiera, nella precarietà di quell'ultimo anno di guerra. Nell'inevidenza della fede padre Giacomo e Celestina si preparano alla paternità e alla maternità a cui sono chiamati. La prima giovane arriverà solo poco più di un anno dopo.

Una famiglia nata da un pensiero di totalità

All'origine della Famiglia delle Missionarie di Maria c'è un'esperienza mistica, un impulso dello Spirito, colto in un clima di ascolto interiore e profondo della parola di Dio. Padre Giacomo è attratto dal mistero della misericordia onnipotente di Dio, che opera attraverso strumenti poveri e piccoli. La contemplazione del Crocefisso conduce Celestina a lasciarsi attirare dentro il movimento di donazione totale di Gesù, la muove a dire un sì modellato su quello di Maria.

Una parola, “Tutto”, sconvolge il progetto di vita di Celestina e dona una nuova configurazione alla vocazione di padre Giacomo.

La loro fede viva e la disponibilità piena al piano di Dio li rende padre e madre di una Famiglia missionaria, inviata ad annunciare il Vangelo, dono di vita e di salvezza.

Attorno a loro si vanno raccogliendo giovani coinvolte nella stessa avventura, “figlie di un pensiero di totalità”, come diceva padre Giacomo.

La missione, prima che un nostro operare è un contemplare l'opera di Dio, come Maria nel canto del Magnificat, e diventare quindi segni del suo amore di misericordia. Non ci è chiesto di generare opere, ma di prenderci cura dell'opera di Dio, dei suoi figli e delle sue figlie che attendono di conoscere il nome del Padre di tutti e di sapere a immagine di chi sono fatti.