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A che serve una Causa di canonizzazione?

Missionarie di Maria
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03 Gennaio 2002

Si sente a volte affermare che in questi tempi hanno luogo troppe beatificazioni e canonizzazioni.

Non bastano Gesù Cristo e la Madonna come nostri mediatori e protettori? Non si nasconde in questo sforzo l'ambizione da parte di Chiese locali o di congregazioni religiose di avere i "propri santi"? 

Possono anche esserci a volte delle intenzioni meno limpide, ma una Causa di canonizzazione non può mai essere creata ad arte.
Essa parte solo se esiste una "fama di santità", fondata non tanto su fatti straordinari o doti taumaturgiche, quanto sulla constatazione di una quotidianità vissuta in modo straordinario per saldezza di fede, speranza costante, ardente carità, fedeltà ai propri doveri.

L'Inchiesta promossa nella diocesi in cui il Servo di Dio è vissuto e ha operato, chiama ad esprimersi al riguardo quanti l'hanno conosciuto personalmente o che ne hanno sentito parlare da persone meritevoli di fede.

Se le testimonianze raccolte sono degne di fiducia, concordi e sufficienti, la causa può continuare il suo cammino. La Chiesa è rigorosa nel dare il suo giudizio.

Le ricerche raggiungono l'effetto di far meglio conoscere la figura del Servo di Dio e di suscitare il desiderio non solo di chiedere la sua intercessione nelle necessità, ma soprattutto di imitarne le virtù.

Anche per noi sorelle missionarie, la Causa di canonizzazione della nostra Madre Celestina Bòttego è stata l'occasione per conoscere molti aspetti edificanti della sua vita che non ci erano noti.

La Madre, quando diede inizio, con il Missionario Saveriano p. Giacomo Spagnolo, alla nostra Congregazione, aveva cinquant'anni ed era da decenni impegnata nell'insegnamento, in attività apostoliche e caritative, particolarmente attenta ai problemi dei giovani e alle necessità dei poveri.

Quanti l'hanno conosciuta in quel periodo della sua vita ci hanno parlato soprattutto del suo impegno apostolico, della sua carità "per tutti", senza riguardo per lo stato sociale e per le convinzioni religiose o politiche di ciascuno. Dalle loro testimonianze è emersa la figura di una donna di grande levatura umana e spirituale.

Approfondire il suo apporto per la fondazione della nostra Famiglia missionaria, la sua opera di formazione delle prime sorelle, le difficoltà affrontate sempre con serena fortezza e con spirito di sacrificio, ha rivelato, soprattutto alle sorelle che non hanno potuto conoscerla personalmente, la sua costante tensione alla santità, il suo zelo missionario.

In un mondo come il nostro, dove spesso i mezzi di comunicazione presentano modelli vuoti e anche deleteri, c'è più che mai bisogno di esempi di vita cristiana vissuta con coerenza, nella propria professione, nel sociale o nella attività politica, nello stato laicale o di consacrazione, modelli significativi che suscitino la domanda: "Se questi così, perché non io?".

Il cammino di santità inizia con il battesimo, ma si attua nel momento in cui una persona, per dono dello Spirito santo e per la sua corrispondenza, consapevolmente decide un'adesione generosa al piano di Dio, scrutato nelle vicende della vita e accolto con disponibilità totale.

Per la Madre Bòttego questo momento si può riconoscere nel giorno della sua prima comunione quando, come in seguito fu trovato scritto in un suo appunto, si accostò all'Eucarestia "nella speranza di incontrare Nostro Signore, di conoscerlo, di entrare in contatto con Lui". Fu un giorno che lasciò in lei bambina "un'impronta indelebile".

Nell'adolescenza e nella giovinezza attraverso una ricerca assidua, a volte sofferta, Celestina giunse alla serena convinzione di essere chiamata a vivere la consacrazione a Dio nello stato laicale. Significativo al riguardo il suo proposito che si ritrova in una nota del 1943: "Fra me e Dio a nessuna creatura è permesso frapporsi. Non c'è posto per nessun'altra creatura".

Venne il momento in cui acconsentì a cambiare totalmente direzione alla sua vita, aderendo per pura fede alla proposta di collaborare con p. Giacomo Spagnolo, alla fondazione di una Congregazione missionaria. Da allora tendere alla santità significò per lei discernere la Volontà Dio su di sé e sulla famiglia missionaria di cui si sentiva "madre" e aderirvi con totale disponibilità.

Fu proprio questo suo essere "donna di fede", ricca di carica umana e spirituale, totalitaria nel dono si sé, che, dopo la sua morte, avvenuta nel 1980, fece nascere in quanti l'avevano conosciuta, ex alunni, missionari saveriani, conoscenti a vario titolo, sorelle missionarie, il desiderio che si desse inizio alle procedure per l'introduzione della Causa di canonizzazione che infatti fu iniziata ufficialmente il 22 aprile 1995.

Missionarie di Maria.