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Testimonianza di Teresa Rinaldi

a cura del CMD di Bologna
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13 Aprile 2016

Intervista a Teresa Rinaldi, saveriana, originaria di Zola Predosa, Bologna 

 - A partire da Zola Predosa, come si è sviluppato il tuo percorso vocazionale?

La decisione di consacrare la mia vita all'annuncio del Vangelo non è stata improvvisa, ma frutto di un cammino di fede iniziato in famiglia, in parrocchia e in diocesi, soprattutto nei “campi scuola”. La comunità parrocchiale, oltre che nella formazione cristiana, mi ha sempre aiutato a mettere a servizio degli altri i doni ricevuti.

Dedicavo quasi tutto il tempo che mi restava dal lavoro alla catechesi, all'assistenza dei bambini, agli anziani negli ospizi… e più mi impegnavo più aumentava in me il desiderio di dedicare agli altri, specialmente ai più bisognosi, non solo il tempo libero ma tutta la vita. Giunsi così alla decisione di andare in Guatemala per tre anni come missionaria laica, accolta dalle suore Ancelle del Sacro Cuore, di Bologna.

- 28 anni di missione in America Latina sono tanti! Quale patrimonio riporti in Italia dai tuoi molteplici incontri?

Ero andata in Guatemala per donarmi e sono ritornata ricca di esperienze. Ero andata per aiutare gli indigeni maya e loro mi hanno aiutata a crescere spiritualmente; ero andata per insegnare e ho imparato a leggere il Vangelo come loro sanno fare; ero andata per condividere la condizione degli emarginati e loro hanno facilitato il mio cammino di liberazione…  Motivata dall'esperienza della gioia di chi conosce Gesù Cristo per la prima volta e dalla fraternità che così nasce tra persone di etnie e culture diverse, ho capito che mettere tutta la mia vita al servizio del Vangelo era il modo migliore di offrirla a Lui e agli altri. Per questo sono entrata a far parte di un Istituto missionario: le Missionarie di Maria–Saveriane di Parma. Sono poi tornata in Brasile, a vivere per 15 anni nelle periferie di San Paolo; poi in Messico, nelle periferie di Guadalajara, dove per 9 anni ho dedicato il mio tempo alla promozione della donna, la più povera tra i poveri, almeno in questi Paesi.

- Il tuo cammino missionario qui in Italia è rallentato o ha solo cambiato le sue forme?

La vocazione è frutto di una spiritualità che non è legata ai luoghi geografici, ma si esprime in modi diversi secondo i contesti. Mi sento pienamente missionaria anche in Italia, che considero terra di missione, non solo per i migranti che arrivano da tante parti del mondo, ma anche per i tanti italiani che, pur richiedendo ancora i sacramenti, non vivono da discepoli di Gesù Cristo. Le nostre chiese sono frequentate principalmente da persone anziane e sempre più isolate. Vedo la necessità che si impari ad accogliere persone di culture e religioni diverse, a dialogare con loro e ad aprirci alla dimensione ecumenica con i cristiani di altre chiese. Ho scelto di dedicare a questo ambito parte del mio tempo qui a Parma.

 - Quale messaggio prioritario rivolgi alle nostre comunità cristiane e in particolare ai giovani nel tuo attuale impegno?

Vedo che i sacerdoti continuano a diminuire ma non si preparano laici – donne e uomini – ad assumere ministeri e a portare avanti le comunità. Vedo che siamo terra di missione, ma continuiamo ad aspettare che gli altri vengano a noi e a concentrare le nostre energie verso chi già fa parte della comunità. Mi sembra che l'appello di papa Francesco a essere chiesa in uscita non trovi molto riscontro.

Ai giovani dico che è bello dare la nostra vita perché altri abbiano Vita e l'abbiano in abbondanza. Il centuplo che Gesù ha promesso a chi lascia tutto per Lui lo riceviamo realmente.

Non c'è paragone tra il poco che diamo e il tanto che riceviamo.