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Affascinati da un amore totale

Teresina Caffi
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28 Luglio 2014

Il “Tutto” che scuote Celestina Bottego e da cui si sente “attratta irresistibilmente”, non è anzitutto un appello all’impegno ma la sintesi di un dono.

“Guardiamo il nostro Salvatore che ha voluto dare Tutto se stesso”, scrive.

“Tante parole buone si possono dire per cercare di sollevare l’anima, ma la verità è che abbiamo scelto la via della rinuncia e della croce e abbiamo preso per modello Gesù, Figlio di Dio, l’Innocente, che per essere nostro modello e per redimerci ha abbracciato ogni genere di pene.

Ormai dobbiamo andare avanti senza più ragionare né fare calcoli umani, Tutto per tutto a occhi chiusi”.

Per la Pasqua 1951, Celestina scrive a padre Giacomo: “Ho qui con me la sua cartolina del giovedì santo del 1944.

Quel ‘Tutto’ è ancora la mia aspirazione, ma ne sono lontana come allora. Che mistero, il nulla che aspira ad unirsi al Tutto, a perdersi nel Tutto. Gesù confido nella tua misericordia infinta”.

Anni dopo, scrive a una sorella: “Quando l’anima riposa nel suo nulla trova la pace perché è nella verità e Gesù la ricolma dei suoi doni. È la Madonna che ti condurrà per questa via semplice e sicura e con Lei canterai il ‘Magnificat’ ogni giorno con nuovo fervore”.

Cercare Dio in tutto

“La fede viva e la carità fanno vedere tutto alla luce di Dio e allora tutto si trasforma.”, scrive ancora. Spiega: “La santità è cercare Dio in tutto. Qualunque sia la nostra attività. Egli deve sempre dominare i nostri pensieri. Praticamente la via più semplice è di fare tutto quello che conosciamo come espressione della volontà di Dio”.

L’adesione alla volontà di Dio non avviene senza una “morte”. Infatti, “nessun pensiero, nessuna azione è libera dal nostro ‘io’ che è sempre pronto a prendere l’iniziativa”. Siamo sante mancate – scrive ancora- non perché sia mancata una profonda vita interiore, ma perché è mancata una morte completa a noi stessi.”

Occorre “impegnarsi a fondo, con tutto l’amore di cui siamo capaci, nella donazione a Dio e nel servizio dei fratelli, cercando di penetrare con umiltà nelle loro mentalità, amandoli così come sono e non esigendo ciò che essi non possono dare”, scrive alle sue figlie.

Ella richiama spesso la sfida dei rapporti vicini: “Nessuna fatica, nessuna rinuncia ci arresta perché siamo partite preparate a tutto per la salvezza delle anime. Più difficile è la carità verso coloro che condividono la nostra stessa vita”.

A lui la gloria

A chi vede affannata, madre Celestina ama ripetere: “Lascia fare qualcosa anche a Dio!”. “Quando siamo molto interessati in qualche cosa, pensiamo che tutto dipenda da noi e dimentichiamo di lasciare un piccolo margine a Dio Onnipotente.”

“Se lasciamo fare al Signore, mi pare che si arrivi a gustare in certi momenti una gioia così pura che nessun avvenimento riesca a turbare”, scrive ancora.

“Dopo aver lavorato e sofferto dobbiamo riconoscere davanti al Signore che siamo servi inutili.

Se qualcosa di bene si è fatto è Lui che ha operato in noi e dobbiamo dare a Dio tutta la gloria”, scrive nel 1963.