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Il Cristianesimo in Giappone

Maria De Giorgi
2333
14 Gennaio 2013

In Giappone, il Cristianesimo (Cattolici, Protestanti, Ortodossi) rappresenta una piccola minoranza di poco più d’un milione di fedeli.

La Chiesa cattolica, nonostante i suoi 500 anni di storia, raccoglie solo circa 450.000 fedeli ai quali, in questi decenni, se ne sono aggiunti altri 565.000 provenienti dall’estero (Filippine, Indonesia, Vietnam, Brasile, Perù, ecc.).

Giunto nel 1549 con S. Francesco Saverio, il Cristianesimo ha avuto su queste isole una storia travagliata ma anche ricca di fede. Durante quello che gli storici chiamano il “secolo cristiano” (1549-1649), il Cristianesimo ebbe una rapida diffusione (circa 400.000 fedeli).

Il Paese stava attraversando un periodo molto difficile, il sengoku jidai o “epoca del Paese in guerra” (1490-1600), segnato da lotte intestine di potere. L’inefficienza del governo centrale, la dittatura militare, gli interessi e le rivalità delle potenze coloniali di Portogallo e Spagna dalle quali i missionari, in qualche modo, dipendevano, resero assai difficile l’opera di evangelizzazione.

Nonostante gli sforzi di P. Alessandro Valignano, il grande Visitatore delle Missioni gesuitiche dell’Asia, che ripetutamente rivendicò l’autonomia dei missionari rispetto agli interessi di Portogallo e Spagna, il 5 febbraio 1597 sulla collina di Nishizaka, a Nagasaki, furono crocifissi i primi 26 martiri. Negli anni successivi la persecuzione riprese in forme più sistematiche e crudeli. Numerosi furono i martiri che seppero dare testimonianza suprema di fedeltà al Vangelo. Di questi 188 sono stati beatificati a Nagasaki il 26 novembre 2008.

L’editto di proscrizione rimase in vigore per oltre 200 anni e, quando i missionari poterono tornare, grande fu la sorpresa di scoprire l’esistenza di decine di migliaia cristiani che erano rimasti fedeli al Vangelo trasmettendo la fede di generazione in generazione.

Un nuovo tentativo di soppressione fu fermato dall’intervento internazionale e nel 1873 l’editto che bandiva il Cristianesimo dal Giappone venne definitivamente abolito. I cristiani riemersero pian piano dalla clandestinità e divennero il seme della cosiddetta “seconda evangelizzazione”.

Nel nuovo clima politico dell’inizio ‘900, la Chiesa cattolica conobbe un periodo di lenta ma progressiva espansione. Nuove congregazioni affiancarono l’opera dei missionari impegnandosi soprattutto in opere socio-sanitarie ed educative. Con lo scoppio del secondo conflitto mondiale e l’entrata in guerra del Giappone, però, anche l’attività missionaria subì una nuova battuta d’arresto. Nell’immediato dopo guerra, il lavoro missionario conobbe una nuova ripresa. Il crollo dei miti nazionalisti e militaristi, le profonde ferite e i grandi interrogativi suscitati dal conflitto mondiale spinsero molte persone a cercare risposte nuove nel Cristianesimo. In questa fase, che potremmo definire della “terza evangelizzazione”, numerose furono le conversioni e le vocazioni alla vita religiosa e sacerdotale. I cristiani presero parte attiva nella ricostruzione del Paese.

Le priorità del Paese, però, rivolte esclusivamente alla ripresa economica, hanno portato a un diffuso materialismo che – insieme alla laicizzazione della scuola – hanno accelerato il processo di secolarizzazione della vita individuale e collettiva.

La Chiesa cattolica continua a dare una preziosa testimonianza di carità cristiana, apprezzata dalla società giapponese, ma la diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose e la complessità dei problemi sociali la costringono a chiudere molte opere e a cercare altre forme di presenza, di testimonianza e di servizio. L’emergenza attuale richiede uno sforzo comune e condiviso di tutte le componenti religiose del Paese.

Il dialogo con la cultura e le tradizioni religiose è un nuovo banco di prova e una dimensione ormai imprescindibile della missione in Giappone come altrove.