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Le sorelle uccise a Kamenge

Teresina Caffi
3793
08 Settembre 2014

Le nostre sorelle Bernardetta, Olga e Lucia uccise nella loro casa a Kamenge, in Burundi.

Io gioisco pienamente nel Signore”, dice il ritornello del salmo della liturgia di oggi, natività di Maria.

Sarebbe stato il compleanno di Lucia Pulici, il suo 75°, dopo che, il 2 luglio scorso, aveva festeggiato i 50 anni della sua professione religiosa e missionaria. 

Pensiamo che queste parole ci vengono dette oggi da lei, da Olga Raschietti, da Bernardetta Boggian, uccise tra il pomeriggio e la notte di ieri domenica 7 settembre 2014, nella loro casa a Kamenge, dove da alcuni anni erano presenti, dando con gioia la loro presenza e le loro ultime forze alla popolazione di questa periferia di Bujumbura, in Burundi. Ci invitano a non lasciare che il dolore abbia l’ultima parola.  Due sorelle assassinate

Tutte e tre hanno amato la gente d’Africa, nella Repubblica Democratica del Congo, prima, e in Burundi poi. Tutte e tre, malgrado l’avanzare dell’età, la fragilità della salute, erano tornate con fede e passione in terra d’Africa, credendo che anche i “cinque pani e due pesci” delle loro ridotte forze poteva essere un dono per la popolazione e per il regno di Dio.

La loro casa si trovava presso la chiesa parrocchiale di San Guido Conforti, e nelle vicinanze della casa dei Missionari Saveriani che reggono la parrocchia, situata a Kamenge, un popoloso quartiere periferico di Bujumbara.

La comunità era composta, oltre che da loro, da Clémentine, saveriana congolese: insieme vivevano una presenza semplice, fraterna nel quartiere. Clémentine insegnava, e Lucia, Olga e Bernardetta si occupavano di alcuni servizi parrocchiali e di un contatto quotidiano con la gente. La loro casa era anche punto d’appoggio per le sorelle che anche dal Congo partivano o rientravano dalla loro patria.

Era proprio per accogliere alcune sorelle arrivate nel primo pomeriggio di domenica all’aeroporto che Bernardetta, con Mercedes, la delegata, erano andate all’aeroporto, lasciando a casa Olga e Lucia. Trovando al ritorno la casa chiusa, le sorelle le avevano cercate nei dintorni: nulla. Finché, entrate in casa dalla porta non chiusa a chiave, le hanno trovare riverse, colpite a morte con coltelli e pietre.

Nessuno aveva sentito gridare, nessuno attorno s’era accorto di nulla. Sconcerto, dolore, domande, ricerca di capire cosa fosse successo. Un pomeriggio doloroso, mentre la notizia era comunicata in Italia. Le prime inchieste locali cominciavano, la polizia s’era aggiunta alle sentinelle per sorvegliare il cancello.

Un secondo agguato

Nonostante la disponibilità del Ministero Affari Esteri italiano a riportare le salme in Italia, le sorelle stavano pensando al trasferimento delle salme in Congo, nella provincia frontaliera del Sud Kivu, alla periferia di Bukavu, nel cimitero dei missionari.

La sera, le sorelle hanno preferito dormire nella stessa casa. Tutte si sono chiuse in camera, tranne Bernardetta. La notte, rumori, grida, vengono chiamati i Saveriani. Si aprono le stanze: Bernardetta è sul letto, colpita a morte con arma da taglio.

Una scelta d’amore

Il 20 luglio 2013, a Kamenge, Olga, raccontando la sua missione, diceva:

« Sono ormai sulla soglia degli ottant’anni. Nel mio ultimo rientro in Italia, le superiore erano incerte se lasciarmi ripartire. Un giorno, durante l’adorazione, pregai: “Gesù, che la tua volontà sia fatta; però tu sai che desidero ancora partire”. Mi vennero limpidissime in mente queste parole: “Olga, credi di essere tu a salvare l’Africa? L’Africa è mia. Nonostante tutto, sono però contento che parti: va’ e dona la vita!”. Da allora, non ho più dubitato. »

Lucia Pulici, il 1° ottobre scorso, alla vigilia della sua partenza, raccontava:

“Sto tornando in Burundi, alla mia età e con un fisico debole e, limitato, che non mi permette più di correre giorno e notte come prima. Interiormente però credo di poter dire che lo slancio e il desiderio di essere fedele all’amore di Gesù per me concretizzandolo nella missione è sempre vivo. La missione mi aiuta dirgli nella debolezza: “Gesù, guarda, è il gesto d’amore per te”…. Unita a Lui, al suo donarsi, anche se mi sento debole fisicamente, sento che posso essere ancora a servizio di Lui per la salvezza del mondo.”

A fine agosto 2013, Bernardetta, rientrando in Burundi, diceva:

“L’annuncio di Gesù e dell’amore misericordioso del Padre diventa comprensibile se accompagnato dalla testimonianza di vita. Occorre nutrire in noi uno sguardo di simpatia, rispetto, apprezzamento dei valori delle culture, delle tradizioni dei popoli che incontriamo. Questo atteggiamento, oltre che dare serenità al missionario, aiuta a trovare più facilmente il linguaggio e i gesti opportuni per comunicare il Vangelo…. Nonostante la situazione complessa e conflittuale dei Paesi dei Grandi Laghi, mi sembra di percepire la presenza di un Regno d’amore che si va costruendo, che cresce come un granello di senape, di un Gesù presente donato per tutti.  A questo punto del mio cammino continuo il mio servizio ai fratelli africani, cercando di vivere con amore, semplicità e gioia."