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Camminare a fianco di un popolo

Giuseppina Caccia mmx
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03 Ottobre 2018

Giuseppina Caccia, missionaria saveriana di Inveruno, rientrata in Italia in luglio 2018 dalla Repubblica Democratica del Congo per un periodo di riposo, è pronta a tornare alla sua missione, con un nuovo compito, come ci racconta in queste righe.

Sorprese di un ritorno

Tornando tre anni fa in Congo dopo trent’anni di assenza, mi ha fatto bene l’accoglienza calorosa delle sorelle e della gente. Ho visto una maggiore coscienza civile, l’accresciuto impegno dei genitori ad assicurare una formazione scolastica ai loro figli. Nell’ambito sanitario, ho trovato personale preparato: infermieri e medici. Al contempo, ho avvertito quanto pesano sulla popolazione le guerre subite a partire dal 1996.

Al Centro sanitario di Luvungi

CongoGiusi3Come amministratrice del Centro sanitario di Luvungi, nella Piana della Ruzizi, al confine con il Burundi e il Ruanda, il mio compito quotidiano era il rapporto con il personale, vigilare sul servizio ai malati, provvedere all’approvvigionamento dei farmaci e a tutte le pratiche relative alla gestione. Poiché in Congo le cure sono a carico dei malati e delle loro famiglie, grazie alla solidarietà di tante persone vicine e lontane, potevamo assicurare anche ai più poveri il diritto alla salute.

Alla vigilia di Natale, un signore, venuto da Kinshasa in visita al papà diabetico, mi sentì esclamare: “Se ci fosse qualche ricco congolese che aiuta i malati poveri a pagare le cure ricevute!”. L’uomo è andato in segreteria e, saputo che una decina di persone erano in queste condizioni, ha lasciato discretamente 200 dollari per permettere loro di pagare le terapie ricevute.

Il Centro è anche impegnato nella prevenzione, attraverso le vaccinazioni, le consultazioni delle mamme incinte e l’animazione sanitaria e nutrizionale, per aiutare la gente a conoscere le cause reali delle malattie e la maniera di prevenirle, cercando di cambiare la concezione diffusa che le attribuisce alla malevolenza di qualcuno o a uno spirito cattivo. A questo scopo si organizzano incontri in Parrocchia, nelle comunità ecclesiali di base, nelle scuole.

Sono stati molto apprezzati gli incontri sul tema della paternità e maternità responsabili, sui rischi di una gravidanza precoce nelle ragazze, su alcune pratiche tradizionali pericolose, sulla vera natura e cura del diabete e sulla prevenzione delle infezioni intestinali.

Gioie e sofferenze

È bello vedere persone uscire dal Centro risanate, ma è una sofferenza vedere che la mortalità infantile è ancora alta, in particolare per gravi forme di malaria, in particolare quella cerebrale. Grazie alle vaccinazioni, non abbiamo più casi di poliomielite e neppure di morbillo, che era mortale. C’è uno sforzo notevole di vaccinare tutti i bambini, sia al centro che nelle periferie. I genitori aderiscono convinti.CongoGiusi1

Aumentano invece gli ammalati di tubercolosi e diabete. Ai primi, lo Stato provvede con cure gratuite, mentre per i secondi tutto è a pagamento. Il diabete è una malattia onerosa per la famiglia, per i controlli, le cure, la dieta che richiede. Spesso ci giungono persone diabetiche che hanno interrotto le cure per mancanza di soldi e a volte per questo muoiono.

Un’altra sfida è la malnutrizione dei bambini: numerosi giungono al nostro Centro in condizioni gravissime. Le cause sono a volte legate alla situazione familiare di povertà, a volte a condizioni più vaste, come la siccità, che ha infierito lo scorso anno, e le malattie delle coltivazioni. Va aggiunto anche il fatto che dei ricchi Congolesi acquistano le terre della fertile Piana, e allora la gente deve far chilometri per coltivare un campicello.

Curando e nutrendo i bambini malnutriti, accompagniamo anche le mamme per insegnare loro come migliorare l’alimentazione valorizzando le risorse locali, incoraggiandole a coltivare.

 Missione è camminare a fianco

In questi giorni, a Uvira, dal Centro Béthanie per bambini portatori di handicap, dove lavorerò al mio ritorno, una ventina di bambini con labbro leporino sono stati operati dai medici italiani dell’Associazione Progetto Sorriso, persone che usano delle loro ferie per aiutare chi è lontano. Arrivano equipaggiati del materiale necessario e lavorano a forte ritmo e gratuitamente, testimoniando condivisione e vera fraternità ai medici, al personale locale e ai malati.

Rincontrare l’Africa è stato per me un aiuto ad andare all’essenziale delle cose. Mi ha fatto bene vedere la fede in Dio del popolo congolese, mettermi al suo fianco e sperare con lui in un futuro migliore. Ho sperimentato che il Signore, anche attraverso gente limitata, piccola e povera come noi, realizza il suo disegno.

Per me, la missione è camminare a fianco, insieme alla gente, avendo come lampada la parola di Dio, che illumina il cammino. È vivere il “Padre nostro”: darci una mano perché Dio sia davvero riconosciuto come il padre di tutti e ci riconosciamo vicendevolmente come fratelli e sorelle. Molto spesso sono i piccoli che ce lo ricordano.

Alcune settimane prima di rientrare, ero stata da un artigiano per acquistare delle grondaie per il Centro. I numerosi bimbi che giocavano nel piazzale mi hanno accolto calorosamente e uno di loro, di 3 o 4 anni, mi si è avvicinato, mi ha toccato il braccio e mi ha chiesto: «Chi ti ha fabbricata e dove?».     

Dopo un momento di sorpresa, gli ho risposto: «Mi ha “fabbricata” Dio e anche tu sei stato fabbricato da Dio; è lo stesso artigiano che ci ha fabbricati: noi tutti siamo figli suoi». È partito verso i suoi amici cantando e danzando: «Siamo tutti figli di Dio!». Ho ringraziato questo bimbo che mi ha ricordato la mia, la nostra vera origine: “Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 49,16); “Il Signore ti ha creato, ti ha plasmato” (Is 43,1).