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Ricordo di mia zia Bernardetta, missionaria

Anna Trivellato
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08 Settembre 2018

Nel quarto anniversario della morte delle nostre sorelle Olga, Lucia e Bernardetta uccise a Kamenge, in periferia di Bujumbura, in Burundi, il 7-8 settembre 2014, pubblichiamo degli stralci da un tema scritto da Anna Trivellato, pronipote di Bernardetta Boggian. 

In questo racconto biografico, voglio raccontare la vita di una mia prozia, Bernardetta, sorella della mia nonna materna, suora missionaria, facente parte delle Missionarie di Maria, Saveriane. Le mie fonti sono state soprattutto i racconti di mia mamma e di mia nonna, ma anche i suoi scritti e una biografia scritta dalla sua consorelle (Va’, dona la vita!, edizioni EMI).

Bernardetta nacque a Ospedaletto Euganeo il 17 marzo 1935, figlia primogenita di papà Giovanni, laborioso carpentiere che partiva la mattina in bicicletta con i suoi attrezzi e tornava la sera sfinito dal lavoro, e di mamma Maria, l’esile sarta (da cui Bernardetta imparò il mestiere) che più di tutti mandava avanti la famiglia.

Per Bernardetta, essendo cresciuta in una famiglia molto religiosa e avendo quindi sviluppato un’anima e uno spirito desiderosi di aiutare il prossimo e di fare il bene, non fu difficile, una volta cresciuta, fare la sua scelta di vita missionaria nel mondo. Il solo pensiero che due miliardi e mezzo di suoi fratelli non potessero conoscere e amare Gesù Cristo era per lei un’inquietudine, un tormento.

Fino a 26 anni lavorò come sarta assieme alla mamma e poi come guardarobiera in un collegio di Montagnana. Finalmente, il 2 luglio 1965, prese i voti, e, dopo un lungo periodo di formazione che comprese lo studio di taglio e cucito alla Morini di Parma, la preparazione immediata per la missione nel 1968 a Posillipo, i corsi accelerati di scuola media a Roma fino al 1969 e in seguito lo studio della lingua a Parigi per qualche mese, partì per Uvira, in Congo, all’estremo nord del lago Tanganica. Bernardetta stette in Africa quasi cinquant’anni tra Congo e Burundi, tornando a casa ogni tre, quattro anni (…)

Vorrei ora raccontare un episodio particolare della vita di Bernardetta attraverso una delle sue lettere indirizzate alla sorella Agnese, risalente al giugno 1998:

“Ieri è morto Riziki, un giovane ruandese di vent’anni. Per scappare dalla morte ha percorso in sei giorni 300 km a piedi. È arrivato qui da noi un mese fa: pesava 30 kg ed era alto 1,90 m […]. Lo abbiamo seguito molto […], ma il suo deperimento organico era tale che lui non assimilava. Ieri con una voce debole mi ha detto: “Sorella Bernardetta, sento che morirò presto”. Era sereno, quasi sorridente. Io gli ho detto: “Riziki, credi che c’è un Dio Padre che ti ama e ti aspetta là nella sua casa e là incontrerai le tante persone che hai visto morire durante la guerra?”. Mi ha preso la mano e con gli occhi pieni di lacrime mi ha detto: “Grazie, sorella Bernardetta, perché […] ho incontrato delle sorelle che si sono prese cura di me. Credevo che tutte le persone fossero cattive ed egoiste. Perciò credo e spero che il vostro Dio buono mi accolga nella sua casa in cielo”. Durante la notte è morto. Come vedi sono tante le emozioni e le gioie che incontro nella missione. Perciò ringrazio il Signore per essere qui”.

Il suo motto era questo: “La missione è la frontiera dell’amore”. È una frase molto significativa, almeno per me, perché la missione è DONARE la propria vita agli altri e a Dio, e ditemi se questa non è una dimostrazione d’amore! Nonostante l’età avanzata e gli acciacchi (come quando s’è rotta il femore nel Natale del 2012), ha voluto continuare la missione, perché sosteneva che la sua vita e la sua casa fossero là, in Africa.

La notte dell’8 settembre 2014, per ragioni ancora ignote, fu violentemente assassinata, insieme a due consorelle, Lucia e Olga, a Kamenge, in Burundi, in quella che oggi è diventata una casa di preghiera e che viene visitata ogni giorno da tante persone.