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Dal Ciad: L’imposizione del nome

Silvia Marsili
1240
01 Gennaio 2004

Una domenica, alla fine della messa, Yves, catechista e bibliotecario della parrocchia di Berem, invita i cristiani della comunità e anche noi a partecipare il lunedì pomeriggio a una festa che si terrà a casa sua per imporre il nome all’ultima nata.

 

Lunedì pomeriggio ci avviamo e li troviamo che ci aspettano.

Hanno già schierate le loro sedie più belle, destinate agli invitati “di peso”. Molti i presenti. Entriamo sotto la tettoia per salutare la mamma (una giovane di circa diciotto anni) e la neonata. Con loro c’è la madre di Yves e altre donne anziane della famiglia. Poi ci accomodiamo fuori.

Si canta un po’, accompagnati da un originale strumento (conseréna, dal francese concert), poi il responsabile della comunità annuncia che è tempo di cominciare la preghiera. Yves e sua moglie Golbikka si siedono uno accanto all’altra. Golbikka tiene in braccio la bambina.

Il rito comincia con un canto, a cui fanno seguito le parole di chi dirige: “Fratelli, oggi siamo riuniti per un motivo di grande gioia. Siamo qui per offrire a Dio questa nostra sorellina. E’ il Signore che ci fa dono dei figli. E’ stato lui che ha sviluppato nel grembo della mamma l’embrione di questa bimba, è lui che l’ha fatta nascere. Oggi siamo qui per darle un nome. Facciamo parte della famiglia di Gesù, dunque è in seno a questa famiglia che l’accogliamo e le imponiamo un nome. Il Signore ci aiuti a mostrarle come si vive la preghiera, la parola di Dio, la carità, l’aiuto ai poveri, la partecipazione alla vita della comunità.”

Cantiamo festosi il Gloria; molti danzano. La gioia si fa palpabile. Dopo aver invocato lo Spirito Santo con un altro canto sommesso e in grande raccoglimento, si ascolta la parola di Dio. E’ il racconto della presentazione di Gesù al tempio (Lc 2,21-32).

Ngambi, l’animatore della comunità, esprime a Dio la gratitudine per il dono della vita e ricorda ai genitori l’amore che deve continuare ad unirli e il compito di educare nella fede i loro bambini. Yves e Golbikka hanno anche un bel maschietto di quasi due anni, che hanno chiamato Emmanuel (Dio con noi) Lintel (splendore di luce). Egli assiste alla scena tra le braccia della nonna, con i suoi occhioni spalancati a osservare ogni movimento.

Ngambi interroga i genitori: “Che nome avete deciso di dare alla vostra bambina?” Yves risponde: “Elisabeth Faziya”, e ne spiega la ragione. Nella lingua mussey Faziya vuol dire raggiungerli, trovarli: “Faziya è un augurio per noi a raggiungere quanti ci hanno preceduto, a non restare indietro”. Il responsabile chiede alla mamma se ha qualcosa da aggiungere e ne riceve un sorriso e un cenno negativo, con il pudore delle giovani donne non abituate a parlare in pubblico.

Ngambi prende in braccio la bimba, la offre al Signore, ringraziando e invocando su di lei con una preghiera ogni benedizione e protezione di Dio Padre, di Gesù, dello Spirito Santo, della Vergine Maria e di Elisabeth, la santa patrona.

Restituendola alla madre, egli dà da bere acqua sia ai genitori che alla bimba con la stessa calebasse. L’acqua è considerata simbolo di pace, di armonia, di vita, di accoglienza. Tutti recitano il Magnificat. Vengono poi consegnati i doni che i presenti hanno portato ai genitori per l’occasione.

Yves è pieno di gioia per la presenza di tante persone venute a rallegrarsi per la nascita della figlioletta e a pregare per lei, e ringrazia tutti. Preghiamo insieme l’Angelus, proprio al momento in cui il sole sta per tramontare. La danza conclude la preghiera.

Benché si sia fatto un po’ tardi, siamo invitate a condividere il pasto con la famiglia, un buon pasto di riso, con salsa di capra della casa. Per noi appaiono miracolosamente anche dei cucchiai nuovi fiammanti. Degustiamo un po’ di birra locale e ci sarebbe anche dell’altro, ma ci lasciano partire, accompagnandoci fino alla grande strada, felici perché abbiamo condiviso la gioia di questa loro festa.

Prima di lasciarci, Yves ci spiega la successione dei nomi dati ai suoi bambini, Emmanuel e Faziya: dal momento che Dio è con noi, nulla può fermarci e impedirci di raggiungere gli altri che ci hanno preceduto. “Quali altri? – chiedo - : quelli che hanno molti beni o quelli che danno una buona testimonianza di vita?” “Naturalmente i secondi”, risponde Yves.