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“Andiamo a vedere questo avvenimento…”

Teresina Caffi mmx
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21 Dicembre 2019

… i pastori si dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15)

Possiamo passare tutta la vita seduti nelle nostre certezze: anche questa è una scelta, se i fatti non vengono a sconvolgerla di forza. L’altro, lo straniero, è quello che, accostandosi a noi, viene a risvegliarci, a raccontarci il mondo da un altro punto di vista. Che inevitabilmente mette in questione il nostro modo di vedere: “E qui comando io, e questa è casa mia, ogni dì voglio sapere chi viene e chi va”, cantiamo noi bergamaschi.

Le cifre delle migrazioni nel mondo potrebbero aiutarci ad essere più veri nei nostri pensieri: ovunque le migrazioni sono in atto; solo il 20 % dei rifugiati va oltre i Paesi vicini; tanti Paesi senza batter ciglio accolgono, pur poveri, milioni di rifugiati; altri conoscono episodi di rifiuto anche più gravi dei nostri. Insomma, la migrazione è una delle caratteristiche del nostro mondo.

I colonizzatori pensavano di detenere la chiave dei Paesi del sud del mondo e di tener ben nascosta quella di casa propria. E invece quella chiave s’è trovata e, con la tenacia di chi non vuol capire che non vogliamo che entrino, queste popolazioni in fuga la girano nella toppa di casa nostra.

Fatichiamo ancora molto a pensarci abitanti di una casa comune, partecipi di un’eredità da condividere, né ci vogliamo inquietare chiedendoci perché noi e non gli altri dovremmo avere diritto al consumo illimitato e a tutti i beni possibili. Anche se vengono dallo sfruttamento di altre terre, da salari di fame, da un commercio invasivo, da foreste bruciate, da guerre alimentate, da regimi corrotti sostenuti a distanza.

Penetrare nei meandri del sistema di sfruttamento mondiale gela il cuore e lascia attoniti. E allora bisogna scegliere da che parte stare. Perlomeno di non fare la guerra alle vittime. A chi si precipita in casa mia perché la sua casa brucia non posso far lezione di buona educazione: “Non si fa così”. Devo trovare gl’incendiari, e magari scopro che un cerino l’ho gettato anch’io.

Una strada umile e semplice è quella di ascoltare. Dare la parola nelle nostre parrocchie, nei nostri paesi o quartieri, a queste persone che a volte vivono fra noi come in un mondo a sé. Liberare il loro racconto, liberare davanti a loro anche le nostre domande ed inquietudini.

E un altro passo è quello di restituire. Di tutto quanto abbiamo, nulla ci appartiene in assoluto, neppure noi stessi: è il bene che Dio dà alla famiglia umana perché viva felice in questo mondo così bello. Per questo ciò che non è condiviso ci deve lasciare inquieti: a cominciare dagli appartamenti sfitti. Ci sono ormai sistemi di garanzia che possono farci osare aprire le porte a chi ha bisogno. Ci sono solitudini che potrebbero essere guarite da nuove presenze.

Incamminati così, ci troveremo a pochi metri dal povero spazio di Betlemme. Se ancora non lo sapremo riconoscere, si preoccuperà Lui di dircelo un giorno: “Non c’era posto per me e tu mi hai accolto…”.