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La Parola e le parole

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02 Dicembre 2022

Nel percorso sinodale una delle caratteristiche antropologiche e teologiche che ricorre con maggiore frequenza e pregnanza è la forza della parola: certamente quella rivelata, ma anche quella condivisa, pronunciata, accolta e meditata.

Non esiste Parola del Signore che non si riversi nella parola dei fratelli, Parola di rivelazione che non sia anche di svelamento dell’umano, Parola di salvezza che non sia anche parola educante. Se “il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua tenda/dimora/shekinah in mezzo a noi” come dice san Giovanni nel prologo del vangelo, così possiamo dire che la parola, dell’altro o dell’altro, accolta deve entrare nella nostra tenda/dimora/shekinah per essere davvero segno della Parola eterna.

In questo tempo di avvento e di attesa del Signore Gesù che ha scelto la carne per rivelarsi, che ha accolto l’umanità in pienezza per dirsi, che ha salvato ogni fragilità e miseria, oltre che lo splendore della creaturalità e la meraviglia della figliolanza, possiamo ancora più ascoltare con serietà le parole altrui. Siamo spesso distaccati dalle richieste espresse da chi ci sta vicino, siamo stufati quando sentiamo parlare chi ci rivolge e condivide con noi i propri bisogni, siamo menzogneri quando promettiamo preghiere per le richieste ricevute e non lo facciamo, che le nostre parole sono sfaldate, indebolite, infiacchite, vuote.

Abbiamo perso il senso della parola data perché non abbiamo la capacità di prendere sul serio la Parola del Signore e le parole degli altri. Se il nostro cuore è ormai sovrabbondantemente pieno di noi stessi e delle nostre lagne, possiamo essere certi che la Parola di Dio e la parola altrui è per noi come cipria che ci imbelletta, ma non ci rivoluziona. Rischiamo di essere pluviali in plastica dura che trasmettono l’acqua, ma non la assorbono.

Dovremmo invece essere pluviali biodegradabili che mentre fanno passare l’acqua ne sono costantemente corrosi e mangiati. Ecco, il senso del Natale: festeggiare una nascita che non ci permette solo di rallegrarci per il dono di Dio, ma che ci coinvolge fino a farci nascere di nuovo ogni volta.

La Parola si fa carne viva, carne che sanguina, carne che palpita, carne che è irrorata continuamente dal sangue della croce e dalla vitalità della risurrezione. Non si può contemplare il Natale senza uno sguardo alla risurrezione!

A qualcuno sembrerà strano, ma tutto il Vangelo, ogni vangelo, ogni parola rivelata ricorda l’evento salvifico della risurrezione come apice dell’amore indiscutibile di Dio Padre per l’umano attraverso suo Figlio. Allora, buona attesa del Natale, in cui contempliamo già il dono della nostra salvezza che passa attraverso la carne, dentro la carne, per la carne.

Michele Corona

Sposato con Emanuela, vive in provincia di Oristano. Licenziato in Teologia Morale e Scienze bibliche. Dottore di ricerca in epigrafia semitica. Collabora con varie diocesi, parrocchie e istituzioni di vario genere nella divulgazione biblica e nella riflessione credente a partire dalla Parola di Dio. Giornalista e appassionato di comunicazione, con la propensione per la didattica.