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Giovani, migranti in ricerca

Francesco Froldi
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28 Maggio 2018

“I giovani cercano il senso di se stessi in comunità che siano… in grado di valorizzarli”

afferma il documento del marzo scorso che riunisce le risposte di centinaia di giovani di tutto il mondo riuniti a Roma in preparazione al Sinodo del prossimo ottobre su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Francesco Froldi, un giovane di Parma, si percepisce, insieme agli altri giovani, nella condizione dei migranti.

I giovani si ritrovano oggi immersi in un mondo “fluido” che va oltre le loro capacità e che sempre di più sfugge dalle mani come un ghiacciolo, dove l’unico amore che si sperimenta è un “amore liquido” (Baumann) e freddo. Ci si sente persi, in balia di un mondo più veloce di noi, in cui noi giovani non siamo più motori. Avete presente quando scendete dalla biciletta in corsa?! Lei prosegue sì da sola, ma sbanda, fino a cadere. Manca sempre di più il tempo per prenderci cura di noi (take care), non c’è tempo neanche per riflettere sul senso profondo del nostro esistere. Le loro domande non trovano risposte nell’altro. Questo porta inquietudine e sofferenza fino al punto di abbandonarsi al peggiore dei mali, la solitudine. Eppure, l’io non esiste senza un tu, l’Amore non esiste se non in un legame profondo di condivisione.

Cosa vogliamo condividere con i giovani? Siamo capaci di dirgli che sono loro il motore di questo mondo, perché sia più equo e giusto? Non posso non notare nelle mie chiacchierate estemporanee davanti a una birra o in una mensa universitaria come ‘le nuove leve’, io in primis, siano sempre di più in cerca di questo loro io profondo. Mi arrogo così il diritto di creare una nuova categoria di migranti: i giovani alla ricerca della pace interiore, di qualcosa in cui si sentano persone uniche e preziose, dono di Dio per tutti.

Come i migranti, i giovani hanno bisogno di essere accolti, protetti, promossi ed integrati perché solo con loro si può ancora sognare in un futuro migliore. lo dice anche Papa Francesco nel Messaggio per la 51a Giornata mondiale della Pace.

Accogliere: questa parola si sente spesso sulla bocca dei giovani e cela una segreta volontà di essere accolti tra le braccia di chi li ama. Il giudizio spesso negativo li rende vulnerabili, si sentono giudicati e respinti sulla base della generalizzazione di un “loro”. Ma la persona che abbiamo davanti è un “tu”! Gesù ha avuto uno sguardo attento e penetrante su ogni persona che incontrava: “Guardatolo, lo amò” (Mc 10,21). Per accogliere un giovane bisogna abbandonare le nostre preoccupazioni su di lui e aprire il cuore perché lui possa lentamente entrare. Con un’ospitalità piena: Maria di Betania non è affaccendata, stava con il Signore, come noi dobbiamo stare con i ragazzi. Non abbiamo bisogno di grandi eventi, abbiamo bisogno di stare con voi adulti, gli esempi viventi che guidano i nostri passi. Abbiamo voglia di ascoltarvi; voi accoglieteci, affidateci responsabilità, puntate su di noi, credete in ognuno di noi.

Proteggere: come migranti, vorremmo trovare in voi un riparo dove poterci sentire sicuri. Siate una Gerusalemme con le porte sempre aperte per proteggerci dai mali e dalle tentazioni che ci circondano. Vegliate a tutte le ore del giorno e della notte perché, ahimè e per fortuna, siamo imprevedibili. Forse proprio nel momento in cui non ve l’aspettereste, noi avremo bisogno di una piccola luce per trovare il cammino. Aspettateci, preparando la festa, perché vi porteremo una bellezza inattesa. Crediamo ancora nel Vangelo che si fa carne? Quella carne riusciamo ancora oggi a vederla negli occhi di un ragazzo che chiede fiducia e protezione? Maria e Giuseppe fecero lo stesso per fuggire alle persecuzioni di Erode e le porte della Salvezza si aprirono.

Promuovere: una volta accolto e protetto il giovane, è il momento di credere in lui, di dargli responsabilità. Promuovete i nostri talenti e fateci sentire in grado di portare a termine il compito che ci avete affidato. Fateci riscoprire il nostro io e non il vostro, allora potremo sorprenderci della bellezza riscoprendola nella relazione con il Signore. Vogliamo sentirci importanti, poter dire la nostra, essere ascoltati, perché i giovani sono il nuovo volto della Chiesa e il nuovo modo di leggere quel Vangelo che non cessa mai di parlarci. Abbiate il coraggio di fare domande coraggiose ai giovani per ascoltare senza pregiudizi ciò che vi devono urlare.

Integrare: “partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie, in una dinamica di arricchimento reciproco e di feconda collaborazione nella promozione dello sviluppo umano integrale delle comunità locali”, dice ancora il Papa: questo forse ci manca. Il giovane è ancora “in potenza”, un seme piantato pronto per diventare un albero di vita; ha da donare non solo disperazione ma anche sogni, ottimismo e un nuovo sguardo sulla vita. Tenete aperte le porte al giovane, il nuovo fresco ascoltatore del Vangelo, fatelo entrare, fatevi sconvolgere da quello che vuole dirvi. Solo così, noi e voi insieme, “non saremo più stranieri né ospiti, ma concittadini dei Santi e familiari di Dio” (cf. Ef 2,19).