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Che cosa dobbiamo fare?

Virginia Isingrini mmx
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10 Dicembre 2018

Sulle rive del Giordano, Giovanni chiama il popolo alla conversione. Noi abbiamo a volte ridotto questa parola a un insieme di penitenze, di rinunce da compiere per essere grati a Dio. Ma ciò che chiede il Battista è qualcosa di più radicale:

cambiare modo di pensare, di orientare la propria vita, cambiare, dunque, il modo di considerare Dio e il fratello. Il perdono dei peccati, la salvezza offerta ad ogni uomo, non è il premio concesso ai virtuosi, ma un dono che, se accolto, mette sottosopra tutte le relazioni, anche quella con Dio.

Folle numerose ascoltarono l’invito di Giovanni e si recarono da lui per dichiarare, attraverso l’immersione nel fiume Giordano, la loro voglia di essere diversi, di fare sì che, almeno simbolicamente, quelle acque si portassero via le spoglie dell’uomo vecchio. I desideri sono importanti, ma non sufficienti. «Che cosa dobbiamo fare?» chiese a Giovanni  l’uomo della strada. Ed egli rispose: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». E ai pubblicani che gli fecero la stessa domanda disse: «Non chiedete di più di quanto vi è stato fissato»; e ai soldati: «Non estorcete e non maltrattate nessuno, contentatevi delle vostre paghe». Forse ci saremmo aspettati che il profeta vestito di peli di cammello, che si nutriva di miele silvestre e locuste, esigesse uno stile di vita ancora più austero, che pretendesse la rinuncia a ogni avere, al denaro e persino all’uso della forza. E invece no.battista4.jpg

Chiede la capacità di condividere con il bisognoso ciò che si ha, né più, né meno. Chiede di riscuotere le tasse rispettando la cifra dovuta, senza esigere per sé quel sovrappiù insaziabile a cui si abbandonavano i pubblicani. Chiede di non aprofittare del potere che può venire dalle armi o da posizioni di forza, per spadroneggiare sui deboli riducendoli a oggetti delle proprie brame. Chiede, in poche parole, di trattare chi è in una situazione di inferiorità come un altro uguale a sé.

Giovanni vuole farci tornare ad essere umani, ad avere nel petto un cuore che si lasci toccare così tanto dal bisogno dell’altro da farsene responsabile. Per tre volte queste categorie di persone, che rappresentano un po' tutta l’umanità, anche nelle sue espressioni più malvagie, chiedono: «cosa dobbiamo fare?».

No, non bastano i desideri, né gli slanci interiori, seppure pii. Nella Scrittura l'«essere» non è mai visto in contrapposizione al «fare», né è mai inteso come una realtà astratta. Ciò che si «è» si manifesta nelle azioni che si compiono. Ma quel cuore, da cui partono le decisioni e le scelte, dovrà essere cambiato alla radice, perché la strada che conduce al male è sempre più facile e allettante di quella del bene. Giovanni non ha questo potere, ma può almeno ricordare a tutti che prima di convertire il cuore, bisogna prima avercelo. E non è affato scontato. 

Verrà uno più forte di lui, che di quel cuore non se ne farà solo spettatore o giudice. Lo prenderà su di sé, lo farà suo. Però il Battista vuole prima che l’uomo torni a essere uomo, che non si comporti più da lupo verso il fratello. Senza questa conquista di umanità, la Buona Notizia che sta per giungere in Gesù, non avrebbe dove attecchire.