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Noi, Casa di Dio, come Maria

P.Carmelo Boesso sx
463
09 Novembre 2017

"Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 3,20 s.).

Di questo si tratta anche per noi: di essere misericordiosi con Dio, di accoglierlo. Forse, poi, saremo più misericordiosi anche gli uni con gli altri. La misericordia assoluta è accogliere Dio, essergli madre, come Maria, aiutarlo a incarnarsi in queste strade, in queste piazze, in queste città distratte.

"Mio Dio, ti prometto una cosa, una piccola cosa: cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me. L'unica cosa che possiamo salvare, di questi  tempi, è un piccolo pezzo di te in noi stessi. E, forse, possiamo anche a contribuire a disseppellirti dai cuori di altri uomini. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fede ma, credimi, io continuerò a lavorare per te e esserti fedele, e non ti lascerò andare via dal mio territorio. Tocca a noi aiutare te, difendere fino all'ultimo la tua casa in noi" (Etty Hillesium).

Ancora adesso, il Misericordioso senza casa cerca casa, e la cerca proprio in me, in noi. Tocca a me, tocca a noi essere madre di misericordia verso Dio. Come una madre, quando porta in sé un figlio, è viva di due vite, è al tempo stesso una e due, così anche il credente vive due vite, la sua e quella di Dio, indissolubili. E deve fare spazio dentro, liberamente e gioiosamente, alla mutua fecondazione.

Come il figlio cambia la storia della madre, così ognuno di noi che riceve Dio ne esce trasformato: cambia il modo con cui dà e riceve amore, cambiano gli occhi con cui guarda la vita e le persone, cambiano le parole con cui dice il suo stare al mondo.

Come ogni madre sente di essere diventata una nuova persona, finalmente completa, pienezza di umano, così il credente che accoglie il Signore scopre un supplemento di vita, una profondità, un cuore, una gioia che aveva solo intuito. Più Dio equivale a più io. Nella reciprocità. Infatti, quando il Signore proclama: "lo sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, un Dio di viventi" (cfr. Es. 3,6), compone il suo nome con i nomi dei suoi figli, la sua identità con la nostra.

Ognuno di noi è nome e carne di Dio. E l'umanità intera forma il suo unico corpo. Accoglierlo, allora, come siamo accolti; accoglierlo come Maria, in crescente consapevolezza: "Accoglimi, donami, donandomi, mi otterrai di nuovo" (Rig Veda): il circolo vitale della misericordia.