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Il mio nome e'…

Tea Frogerio
1184
04 Ottobre 2006

Una piccola comunità della periferia di Belèm. C’incontriamo regolarmente con un gruppo di donne.

È un momento importante per ognuna di noi, un tempo ritagliato dagli impegni del lavoro, della famiglia, della parrocchia. È un tempo nostro, un tempo per rifarci.

Cominciamo l’incontro a partire da una affermazione: ognuna di noi ha ricevuto un nome, i nostri genitori alla nascita, nel battesimo ci hanno dato un nome.

Ci domandiamo: sono contenta di avere questo nome? Conosco il suo significato? Da dove deriva? Cosa vuol dire per me?

In un primo momento restiamo in silenzio lasciando parlare i nostri sentimenti; poi siamo invitate a scrivere il nostro nome in modo artistico su un foglio, in seguito e spontaneamente, a pronunciarlo ad alta voce e mettere lo scritto al centro.

Il mio nome è Maria, è un nome molto comune. Quando ero piccola ci stavo male perché, anche quando non ero io ad essere chiamata, mi sentivo obbligata a rispondere. Mi lamentavo con la mamma che non riusciva a consolarmi neppure dicendomi che portavo il nome della Madonna. Tempo fa stavo vivendo un momento di grande sofferenza. In un incontro abbiamo letto il Vangelo in cui Maria Maddalena piange perché pensa che hanno rubato il corpo di Gesù e improvvisamente sente una voce che la chiama: “Maria!”. La voce, il nome scendono là in fondo al cuore e lei risponde. “Maestro!”.

Da quel giorno quando mi sento sola, faccio silenzio e quella voce “Maria!” risuona dolcissima anche in me, mi sento amata, come è il significato del mio nome.

Io sono Grazia. È stata la mamma che ha voluto darmi questo nome Lei aveva già avuto quattro figli tutti maschi. Ma il suo desiderio segreto era di poter avere anche una figlia e sono nata io. Ha voluto chiamarmi Grazia per dire grazie al Signore che l’ha esaudita. Al catechismo ho imparato che Grazia vuol dire dono di Dio. Ho quindi un nome che per due motivi per me significa ‘dono di Dio’. Cerco di esserlo davvero nella vita, come la mamma mi ha insegnato.

“Sono nata in una comunità dell’interno dove avevamo come patrona santa Lucia. Ricordo che da piccola mi fermavo a guardare la sua statua e fissavo il piatto su cui poggiavano i due occhi, segno del martirio subito. Con il passare del tempo ho capito cosa significa la parola martirio e allora ho cominciato a chiedere la forza di vivere anch’io con coerenza la mia vita di cristiana”.

“Anche il mio nome viene da santa Lucia, ma mi chiamano Lùzia e allora penso alla luce. Luce per la mia vita e luce per la vita degli altri, come Gesù ha detto: “Voi siete la luce del mondo”.

“Mi chiamo Nazaré o Maria di Nazaré. In realtà non ho riflettuto molto sul mio nome, abbastanza diffuso in Brasile; me lo porto dietro da sempre. Ho cominciato a pensarci quando, frequentando una scuola biblica, ho scoperto che Nazaré era il villaggio dove Gesù è cresciuto. Per questo lo chiamavano Gesù di Nazaré. A dire il vero inizialmente sono rimasta confusa: portare il nome di un villaggio! Ritornando dalla scuola biblica ho comunicato la mia perplessità a un’amica. E, lei semplicemente mi ha risposto: ‘Hai un nome che è un programma di vita: vivere il progetto di Gesù di Nazaré. Ti pare poco?’.
È quello che cerco di fare”.

Raimunda, Tereza, Conceição, Susana, Izabel, Marta, Neuza, Lindalva… Il nome, la persona, il segreto intimo di ognuna. Ci siamo ascoltate in rispettoso silenzio, accogliendo il dono che ognuna di noi faceva alle altre. Il pronunciare il nome è il riscatto di un’identità spesso ignorata, dimenticata, offesa, annullata. Quel pomeriggio abbiamo fatto un cammino insieme e abbiamo riscattato la nostra identità di donne.

Al termine, dopo aver ripetuto ognuna il proprio nome, ci siamo abbracciate, dandoci conforto e amicizia.

Ci siamo donate forza per continuare il cammino della vita, un cammino che a volte è molto duro e sofferto.