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Porre la tenda

Elena Conforto
1392
20 Giugno 2006

Elena da Morro Doce.

Sono quasi due anni che mi trovo tra i giovani di Morro Doce, periferia di San Paolo (Brasile). Più ci penso e più sono riconoscente al Signore per il dono grande che ho ricevuto, insieme a quello della partenza per la missione. Tutto è stato al di là delle mie aspettative!


Riflettendo su questo tempo trascorso e sui sogni che si profilano per il futuro, provo a condividere con voi alcune riflessioni che nascono dalla mia breve esperienza.

Credo che davanti alle tante situazioni di esclusione che si presentano agli occhi in una realtà urbana come quella di San Paolo, sia urgente la necessità di cambiamento. Per fare questo, però, occorre innescare processi educativi, essere presenza educativa soprattutto tra i giovani, che sono il futuro delle nostre comunità di base e il futuro del nostro Brasile.

Penso sia importante riprendere l’invito alla santità lanciato anni fa da Giovanni Paolo II ai giovani. È sempre più urgente fare nostro quell’invito! È essenziale, per essere davvero presenza educativa tra i giovani, in un ambiente destrutturato, frammentato, a volte povero di senso, avere un solido profilo spirituale. Per questo parlo di urgenza di santità.

È ciò che ho appreso tra i giovani di Morro Doce che chiedono presenza, che guardano alla nostra coerenza e cercano motivi di speranza per i quali lottare per un futuro.
Che cosa è significato questo per me?

In primo luogo è stato un tentare di “porre la tenda” (come è comune dire tra noi missionarie), d’inserirmi e conoscere un poco la cultura non solo brasiliana, ma anche quella del mondo giovanile in genere, accettando… di entrare nella danza. A volte nel vero senso del termine! Allo stesso tempo è stato un rendermi conto delle varie realtà esistenti all’interno della stessa città: differenze geografiche (centro e periferia, paulisti e nordestini); differenze economiche con possibilità o meno di accesso alla scuola, ai servizi di assistenza sanitaria, all’università…

Seguendo i giovani ho capito quanto hanno bisogno di attenzione. Penso a una frase che Tania, una ragazza della parrocchia, mi disse un giorno: ”Sorella, per lavorare con noi, devi avere tanta pazienza e saperci ascoltare molto”.

Questo è importante per trovare cammini rispettosi delle loro categorie e del contesto in cui si vive, per valorizzare anche tradizioni già presenti. Cosi è stato quando, in settembre, abbiamo partecipato alla marcia pacifica del “Grito dos escluidos” (grido degli esclusi), con altri duecento pellegrini delle nostre periferie: operai, moradores de rua (gente che abita per strada), uomini e donne impegnati nella lotta per i diritti essenziali di ogni cittadino. Anche quelli sono stati momenti educativi molto forti.
Ho percepito, poi, l’urgenza di un rinnovamento spirituale; sia in me per la necessità d’una continua conversione, sia come proposta di una mistica solida che indichi ai giovani i valori del Regno di Dio, la solidarietà, la giustizia e la pace. È un appello alla profezia, in contesti spesso violenti anche nelle stesse famiglie. Faccio un esempio: un giovane catechista, con il quale collaboro, lo scorso mese è stato aggredito e ferito dal papà ubriaco. Ci ha fatto impressione la grande serenità con cui ha saputo affrontare quel momento di grave sofferenza.

Un ultimo richiamo rivolto in questo tempo ai giovani è stato il sottolineare quanto è importante una preparazione educativa. Il profilo di santità che essi “esigono e meritano” è quello di vederci disposti a cambiare, ad accogliere con serietà e preparazione il “nuovo” della società odierna e dare un senso alla propria e altrui storia.

Tutto questo è per me sfida, sogno, lotta, speranza. Ed e anche…il segreto per rimanere giovane!