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Scambi tra continenti

Luisa Gori
1179
29 Agosto 2006

Il Giappone, è un arcipelago. L’Hokkaido, è l’isola più a nord, ad una latitudine che corrisponde grosso modo alla Germania ed ha una superficie doppia della Sicilia.

Elisabetta Shikayama, nostra sorella giapponese che ha lavorato per 15 anni in Brasile, ha conosciuto in quel Paese alcuni sacerdoti giapponesi provenienti dall’Hokkaido.

Quest’anno, andando con lei per alcuni giorni nell’isola, abbiamo potuto visitare uno di loro, don Idoi, rientrato alcuni anni fa dal Brasile per motivi di salute. Con quale cordialità don Idoi ed Elisabetta si salutano! E che festa! Continuano a parlarsi in portoghese e si scambiano notizie di varie famiglie conosciute da entrambi.

Don Idoi racconta anche gli inizi della sua missione. Erano tre preti giapponesi e studiavano insieme la lingua. Poi decisero, d’accordo con il vescovo, di andare in zone diverse per raggiungere più persone. A don Idoi capitò più volte di non avere i soldi per i viaggi, ma spesso, all’ultimo momento, riusciva a risolvere il problema perché qualcuno veniva a portargli un’offerta chiedendo preghiere. “Tempi duri per tutti allora!” egli commenta.

In Paranà (Brasile sud) don Idoi era stato molto vicino alla famiglia di Rosa Fukushima, una nostra sorella nata in Brasile da immigrati giapponesi. Fu lui a battezzare il papà, che prima di morire aveva voluto diventare cristiano come la moglie e i figli.

Elisabetta e don Idoi parlano con commozione anche di don Tanaka, pure originario dell’Hokkaido e morto alcuni mesi fa in Brasile. “Sapeva di essere a rischio, avendo subito vari interventi al cuore, ma aveva voluto tornare ugualmente alla sua missione. Era una persona ricca di fede e di carità, con un carattere aperto e cordiale, sempre pronto a qualche battuta scherzosa. Tutti gli volevano bene e si sentivano da lui incoraggiati”.

Don Idoi, pur con i limiti della malattia e dell’età, segue oggi un gruppo di lavoratori brasiliani e celebra per loro la messa in portoghese.

Anche Elisabetta, a livello diocesano, segue alcune centinaia di brasiliani nella zona di Osaka e Kobe. Sono in grande maggioranza figli di immigrati giapponesi venuti per qualche tempo a lavorare nella terra dei loro padri, per poi far ritorno in Brasile.

Presso le Suore Benedettine che ci ospitano nei giorni di permanenza nell’Hokkaido, abbiamo l’occasione di incontrare anche un altro prete giapponese, don Tamura, anziano, ma ancora pieno di vitalità e di zelo apostolico. Egli ci racconta che per alcuni anni aveva operato come responsabile nella Commissione per l’Evangelizzazione a livello di Conferenza Episcopale, ma che si era già preparato per andare in Germania a sostituire un missionario tedesco destinato al Giappone. Avendo, però, il missionario ritardato la sua venuta in Giappone, egli non aveva potuto partire. ”Quando il Signore chiede qualche cosa va fino in fondo ed è inutile sottrarsi al suo volere. Mi è capitato come a Giona”, diceva ridendo.

Anche don Tamura, come don Idoi, ricorda con commozione la figura edificante di don Tanaka.

“L’avevo conosciuto alle scuole superiori”, dice. “Un giorno venne a confessarsi. Gli chiesi se era cristiano e mi disse di no. Suo padre era protestante, ma lui, avendo avuto tra le mani un libro di preghiere dei cattolici, era rimasto molto impressionato dalla preparazione al sacramento della riconciliazione. D'allora gli incontri con il ragazzo si fecero più frequenti. Dopo lo studio del catechismo, ricevette il battesimo e infine la grazia del sacerdozio e il desiderio di donare la propria vita in terra di missione. Qualche anno fa tornò in Giappone, ma senza rimanervi. In Brasile continuò l’attività sacerdotale con generoso impegno, finché il Signore lo chiamò a sé”.
Al ricordo di Don Tanaka, che per lui era stato come un figlio, Don Tamura si commuove e ci commuove. “Resta la certezza che ora intercederà per noi, per la Chiesa brasiliana e per la nostra Chiesa giapponese”, egli aggiunge.

Poi don Tamura si accommiata. Gli impegni d'annuncio del Vangelo lo aspettano. Non c’è limite d'età nella vigna del Signore. Anche a 92 anni si può ancora amare, annunciare e pregare perché “venga presto il suo Regno”.