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Per testimoniare il suo Amore

Ntadumba Rehema Anne Marie,
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12 Dicembre 2018

Nella solennità dell’Immacolata 2018, alla parrocchia di Panzi, in periferia di Bukavu, Congo,  Rehema, giovane congolese, ha fatto la sua prima professione come missionaria di Maria. Ecco la sua testimonianza.

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Mi chiamo Ntadumba Rehema Anne-Marie e sono la terza dei dieci figli – cinque ragazzi e cinque ragazze - di Ntadumba Rushigwa Déogratias e di Namwezi Marie-Claire M’Mirindi, de Murhesa, nel Sud-Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo.

Alla mia nascita il Paese versava in una situazione assai critica, sia dal punto di vista politico, che sociale ed economico. In seguito a continue malattie dei suoi membri, la mia famiglia aveva deciso di cambiare posto. In quel nuovo villaggio era nata una bimba, senza causare sofferenze né ulteriori spese: era segno della misericordia di Dio e per questo mi chiamarono “Rehema”, che in swahili significa “misericordia”.

Da quando ho conosciuto questa storia, il modo in cui i miei genitori mi hanno accolta, mi sono sentita come una persona molto amata e invitata a mettermi al servizio del Signore per condividere questo amore con quanti non l’hanno mai ricevuto o l’hanno ricevuto male o in parte.

Pensavo dapprima al matrimonio e domandavo al Signore la grazia di trovare un marito con cui vivere come vivevano i miei genitori. Sentivo però un’altra voce che mi chiamava su un’altra strada, a rendere grazie a Dio per tutto quanto continuavo a ricevere da Lui. Ne parlai a mio padre, il quale, dopo un certo tempo, mi cambiò di scuola, perché fossi vicina alla parrocchia e potessi partecipare al gruppo vocazionale, in vista di riconoscere la mia vocazione e conoscere diverse congregazioni.

Accompagnata da una lettera della comunità di base, all’inizio del 2000 sono entrata nel gruppo vocazionale e ho cominciato a frequentare le suore della mia parrocchia, ma non mi ritrovavo nel loro carisma. Con l’aiuto di mia madre, ho fatto una breve esperienza presso delle suore di clausura che mi attiravano, ma il silenzio e la stabilità del loro modo di vivere mi hanno fatto fuggire.

Grazie al cappellano delle vocazioni della mia parrocchia, nell’agosto 2011 ho incontrato le missionarie saveriane e ho scoperto che la loro vita corrispondeva al mio desiderio. Dopo un periodo di orientamento vocazionale, nel maggio 2013 sono entrata in postulato, nel luglio 2016 in noviziato, fino alla mia prima professione, oggi 8 dicembre 2018, nella solennità di Maria Immacolata.CongoREHEMA2.jpeg

Mi attirava l’accoglienza, la disponibilità e la semplicità delle missionarie saveriane. Durante gli anni di formazione, nel loro carisma mi hanno molto colpita l’Onnipotenza misericordiosa di Dio, lo spirito di famiglia nella fede e il dono totale di sé a Dio. Lo spirito di misericordia mi permette di riconoscere la mia fragilità davanti a Dio, il quale, senza guardare la mia miseria, vuole che anch’io sia sua collaboratrice; e davanti agli altri, che mi accettano con amore e gioia. Lo spirito di famiglia mi dà la grazia di sentirmi felice per l’accoglienza, il perdono, l’amore e la preghiera che ricevo dalle sorelle con cui vivo e che anch’io posso offrire. La vita comune mi fa gustare l’amore di Dio mediante il dono di ciascuna e la sua partecipazione alla mia crescita nella sequela di Gesù e nella condivisione della stessa fede.

Questa vocazione è cresciuta poco a poco grazie alla formazione, all’esperienza di vita delle sorelle incontrate e all’amore di Dio che ho nutrito con le indicazioni ricevute dalla mia formatrice, con l’aiuto delle mie amiche che facevano strada con me e dell’apostolato, presso il centro Eka’bana, gli anziani, nella catechesi, nell’infanzia missionaria e nel doposcuola.

Mio sostegno è la grazia e l’amore di Dio che mi accompagnano ogni giorno, e la preghiera, soprattutto la meditazione della parola di Dio. Mi ha particolarmente toccata il racconto del giovane ricco in Mt 19.16-22, e la frase di Lc 9,25: “Quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina sé stesso?”. L’adorazione e l’Eucarestia mi fanno sentire la grandezza dell’amore di Dio. Ho trovato la libertà come capacità di fare spazio all’altro, ascoltarlo e comprenderlo nella gioia e nella volontà di fare insieme ciò che è meglio; e come unione fra noi e con le nostre famiglie: quando c’è un problema nella mia famiglia naturale, ogni membro della mia famiglia missionaria ne è partecipe.

Nel mio cammino ho incontrato delle difficoltà, ma la grazia di Dio mi è venuta incontro nella preghiera e nell’aiuto delle persone della mia famiglia saveriana e di quella naturale.REHEMA ter.jpeg Non smetterò mai di ringraziare il Signore. Quando lo si ringrazia, accresce ancora i suoi doni per noi, andando perfino al di là dei nostri bisogni e dei nostri meriti, come fu il caso del lebbroso dopo la sua guarigione in Lc 17,16-19. Così, anziché rendere grazie al Signore, io dico ora che voglio essere testimone del suo amore, secondo 1Gv 3,1: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre …”.

Faccio la mia professione con profonda gioia e con la riconoscenza verso Dio che ha permesso che si realizzi ciò che desideravo da tanto tempo e che ha accettato che gli appartenga. In questi giorni sento che sono diventata innamorata di Gesù e sono meravigliata di vedere che è in questo momento che sento la forza dell’amore a prima vista per lui in me. I pensieri che mi ritornano sono tutti di stupore: ora, Dio, sarò Tua per sempre come uno strumento nelle Tue mani: la Tua grazia mi accompagnerà affinché io sia una religiosa missionaria secondo il Tuo Cuore; desidero attingere da Te la fedeltà per non perdere il dono totale di questo giorno.

La vocazione missionaria è l’amore di Dio che, nella sua bontà e misericordia, mette questo amore nel cuore di una persona perché ella lo testimoni davanti al suo popolo assetato di questo amore.

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