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Guardando al fiore di loto…

Antonella Del Grosso mmx
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23 Novembre 2018

Il fior di loto è un’immagine che parla molto al popolo thailandese e anche ad Antonella Del Grosso, da tredici anni missionaria in Thailandia.

Una vecchia canzone dello Zecchino d’oro, intitolata “Ci vuole un fiore”, iniziava cosi:

“Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare e ascoltare…”. Saper guardare ai segni che rimandano a un significato più profondo, fino a vedere un Altro, è un aspetto che non può mancare nella vita di un cristiano.

Il popolo e la cultura tailandese traggono profonda ispirazione dalla natura. Per gli Orientali, il simbolo dell’elevazione spirituale è il fior di loto, perché, pur affondando le sue radici nel fango, riesce a distendersi ed elevarsi sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da esse profumato e bellissimo. Per il Buddismo significa la consapevolezza del proprio coraggio a non farsi contaminare dalle difficoltà terrene – fango -, mantenendosi intatti e staccandosi dalla corruzione del mondo.

Spesso ho osservato la forza del popolo thailandese nell’affrontare la lotta della vita quotidiana, portando il peso della responsabilità personale, sperando di conquistare prima o poi il benessere interiore ed esteriore. Sicuramente la resistenza paziente della donna è una pietra fondante di questa società, ma quel “fiore di loto”, così robusto, una volta tagliato da quel fango in cui è saldamente radicato, dura solo un giorno.10.jpg

È da qui che vorrei partire per raccontare la mia vita missionaria in Thailandia. Sono tanti i momenti in cui si devono affrontare dei “tagli” che fanno soffrire e spesso spiritualmente questi fratelli e sorelle restano da soli davanti a qualcosa che pensano di dover scontare e superare con le loro sole forze… e quando non ce la fai finisci per rassegnarti, sederti e rimandi il tuo coraggio ad una nuova vita e rinascita dopo la morte.

La coscienza del proprio limite e della propria forza porta sicuramente a un grande consapevolezza di sé e responsabilità della propria azione. Nello stesso tempo però il far ricadere ogni situazione su se stessi diventa un pesante giogo al collo, se non apre alla speranza di Chi può entrare nel nostro limite, farsi nostro Amico, e rigenerarci dal di dentro.

Come annunciare allora la buona notizia? Un giorno Kratee, una giovane tailandese convertita al cattolicesimo, mi ha confessato: “Sono sempre stata una brava buddista fin da ragazza. Seguendo questa via e questo insegnamento, cui sono grata ancor oggi, cercavo solo di fare il bene, aiutando gli altri e la società con il mio lavoro e tutti i miei sforzi. Mi sono avvicinata ai cattolici e alla loro religione perché praticavano il bene, ma non mi interessava conoscere Gesù che non comprendevo… Ascoltavo la sua parola, ma mi parlava del bisogno della sua misericordia: perché?

Non pensavo di averne bisogno. Non sapevo cosa significasse la parola Grazia, l’amore che ti precede gratuitamente, la giustizia che non puoi conquistare con i tuoi soli sforzi. Sentivo tuttavia dentro di me una lotta costante e ho pensato che forse dovevo chiedere il battesimo e scegliere che cosa volevo essere… Il parroco però mi disse di aspettare ancora, ferendomi nel mio orgoglio.

In quel periodo, in cui ho sofferto molto per tante situazioni, ho capito cosa significasse accogliere un Dono: sentivo tutta la mia debolezza e mi sembrava di sbagliare ogni mia azione. Così ho iniziato a inginocchiarmi come non avevo mai fatto e ho chiesto a Gesù di farmi conoscere la sua misericordia. Ho iniziato a capire che la mia debolezza non era un ostacolo, come non lo era nella vita dei missionari che ho visto dedicarsi con tutta la loro fragilità; come non lo era nella Croce, fino ad allora così incomprensibile… mi stavo aprendo al dono, in una relazione di figlia, grazie a Gesù”.

Kratee ha capito che condividiamo solo il bene che abbiamo ricevuto, e io ho sperimentato che davvero “la fede si rafforza donandola” (Rmi 2). Oggi Kratee segue il cammino più da vicino con noi Saveriane.

Ringrazio la mia comunità, e in particolare i miei fratelli e sorelle tailandesi che mi hanno insegnato a riaccogliere ogni giorno il dono della fede, a camminare insieme in una comunione visibile e invisibile, che ci rende tutti responsabili gli uni degli altri… gli uni negli altri.

La mia riconoscenza va anche a mia mamma che mi ha insegnato a guardare i fiori. Ho pensato che il fiore di loto riesce a elevarsi e rigenerarsi solo se non si stacca dal fango… noi non riusciremo mai a sussistere se non restiamo attaccati alla nostra umanità così corruttibile, che Gesù ha assunto e redento in tutta la sua carne. Dentro di noi c’è una continua tensione in contrasto tra “cielo e terra”: solo Lui può tenerli uniti e trasformare in bellezza e vitalità questo profondo conflitto. Se rimaniamo in Lui il cielo si rispecchia nella terra e viceversa, e nessun “taglio” potrà mai toglierci la vita vera.

Foto inizio, da destra: Antonella, un'amica, e Catarina Silva sul bordo di una vasca con foglie di loto.