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Potrebbe essere il Natale l’occasione per una sosta…

Teresina Caffi
604
28 Novembre 2017

Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, … non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il “sì”. Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì”. Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro “amen” per la sua gloria.  (2Cor 1,19s)

Sollevando lo sguardo dall’impellenza delle sfide quotidiane, nostre e del mondo, ci imbattiamo nel ricordo persistente, anche se qua e là dimenticato o ignorato, di un uomo che duemila anni fa incarnò e trasmise un messaggio straordinario, di un Dio come Padre, di un amore verso Dio e i fratelli come dono totale e gratuito della propria persona per un mondo nuovo. Senza mai promuovere se stesso, visse una costante relazione con Colui che chiamava “papà”, in un’adesione totale fino al più alto prezzo.

Il suo sì passò attraverso la storia: fu un sì alla condizione d’essere umano e povero, a sua madre e a suo padre, agli esclusi e disprezzati, a quanti l’avvicinarono. Attraverso il suo sì, Dio ha detto per noi e per lui sì alle sue promesse.

Fino ad oggi, molti guardano a Gesù come a un modello di vita, più, a una presenza, e in lui cercano di dire un sì impastato di storia, elaborato in una ricerca spesso faticosa di capirla e assumerla responsabilmente. Oggi più che mai il nostro sì ha come spazio il mondo intero:

sì al sogno di Dio di una famiglia di molti popoli, per la quale Gesù ha dato la vita, sì alla figliolanza e alla fraternità;

sì ad accorgerci di far parte di quel 20% che consuma l’86% delle risorse comuni e del fatto che, in un pianeta in rosso, il mito della crescita della produzione e del consumo è un arrotolarsi in una coperta che lascia sempre più tanti con i piedi scoperti;

sì a sentirci interpellati da una crescita che si basa anche sulla sestuplicazione della vendita d’armi, anche a Paesi che le stanno usando per far guerra ad altri;

sì a cercare con tenacia le radici delle migrazioni disperate, a riconoscervi le nostre implicazioni e a impegnarci a rendere il mondo ovunque vivibile;

sì a metterci in questione personalmente e collettivamente.

Ciò comporta dire dei no:

no al mito di una felicità personale o di gruppo fuggendo dalle esigenze dell’amore vero;

no alla seduzione dell’accumulo, dell’usa e getta, della ricerca forsennata del godimento;

no all’illusione del “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”;

no a un’economia e una politica che cercano anzitutto il proprio interesse, continuando a saccheggiare Paesi nei quali poi la vita diventa troppo difficile;

no a contrapporre noi e loro come portatori di diversi diritti.

Potrebbe essere il Natale l’occasione per una sosta, un bilancio, un’impostazione di direzione libera e chiara. Perché a ciò che celebriamo corrisponda ciò che siamo, almeno come povera ricerca quotidiana. E, come una sorpresa inaspettata, potremmo trovarci colmi di una gioia nuova.