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Religioni e culture in dialogo

Maria De Giorgi mmx
656
27 Settembre 2017

Comunità di Sant’Egidio
Strade di Pace
Religioni e culture in dialogo
Münster – Osnabrück, 10 – 12 settembre 2017

Le religioni in Asia: la dignità della vita nel tempo del mercato globale 

Nel I sec. a. C. Cicerone scriveva nel suo De Oratore (II, 9, 36) che la "Storia è maestra di vita" o, ancor più compiutamente, che "La storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell'antichità". Guardando però il susseguirsi degli eventi lungo i secoli viene spontaneo chiedersi se davvero l'essere umano consideri la storia come “maestra di vita” e faccia tesoro dei suoi insegnamenti. Uno sguardo disincantato all’oggi non può che riproporre drammaticamente l’interrogativo. Al termine del XX secolo, definito il “secolo breve e più violento della storia” (J. Hobsbwam), segnato da totalitarismi, rivoluzioni, due guerre mondiali, l’impiego delle armi atomiche, ma anche da incredibili progressi tecnologici, sociali, politici ed economici, il mondo sembrava aprirsi al terzo millennio come ad un’era di giustizia e di pace che, tuttavia, proprio il presente sembra smentire.

Le leggi del mercato globale, rese ancora più stringenti dalla pervasività del mondo virtuale,
tendono inesorabilmente all’omologazione, a un accentramento del potere che troppo spesso
sacrifica al profitto l’autentico sviluppo dei popoli e dei singoli.

Nel 2013, ad esempio, la Cina ha lanciato un importante progetto economico denominato
Obor (One Belt, One Road), chiara allusione all’antica Via della Seta, per secoli privilegiata via di
comunicazione tra Oriente e Occidente. Il progetto OBOR, presentato a Pechino il 14 e il 15
maggio scorso nel corso di un Forum a cui hanno partecipato 30 capi di governo e delegati da
oltre 100 nazioni, capi delle Nazioni Unite, del Fondo monetario internazionale e della Banca
mondiale, ha come obiettivo quello di costruire una nuova Via della Seta, via terra e via mare,
che metta in comunicazione Cina, Asia centrale, Europa, India e Africa. Concretamente, il
progetto mira alla creazione di una fittissima rete di infrastrutture, ferrovie, strade e linee
marittime, gasdotti e oleodotti che mettano in comunicazione la Cina e l’Estremo Oriente con
l’intera Asia, l’Europa e il Mediterraneo.

Se il progetto – per altro guardato con cautela da Paesi come l’India e la Russia, e con
riserva dai Paesi dell’Unione Europea – può, da una parte, rappresentare una leva per la crescita
economica di Paesi rimasti marginali, dall’altra – per l’eccesivo centralismo economico che lo
caratterizza – rischia, come già altri progetti in atto, di non rispettare adeguatamente le
esigenze di uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’identità storica e culturale dei Paesi
coinvolti e dei principi giuridico-istituzionali che garantiscano la dignità e i diritti umani di tutti.

Per questo l’esplicito e voluto riferimento all’antica Via della Seta può e deve assumere una
valenza ispiratrice non solo nominale ma effettiva. La Via della Seta, sorta come rete di itinerari
commerciali si è infatti caratterizzata anche e soprattutto per ricchi scambi culturali e sociali,
politici e religiosi che per secoli hanno segnato in profondità i popoli dell’Euroasia. Ne sono prova
importanti reperti archeologici, artistici, letterari e religiosi. Le interazioni che ne derivarono
provano come l’interculturalità e l’interconnessione non sono caratteristiche solo dell’epoca
moderna o contemporanea ma frutto di una lunga storia di contatti e influenze reciproche di cui
è doveroso essere coscienti.

Alcuni storici – come i tedeschi H. Gillman e H. J. Klimkeit –
definiscono «effetto catalitico» il processo di interazione tra le tradizioni culturali e soprattutto
religiose che in quei secoli ha caratterizzato l’incontro dei popoli euroasiatici favorendo nuove
acquisizioni e nuove sintesi socio-culturali e religiose. Pur nell’alternanza di fasi storiche
caratterizzate ora da politiche di apertura ora da politiche protezionistiche, furono infatti le
Tradizioni religiose presenti in quei secoli nel Continente – Giudaismo, Buddhismo, Zoroastrismo,
Cristianesimo siriaco, Manicheismo fino all’arrivo dell’Islam – le protagoniste principali di quei
complessi processi di interazione, fecondazione e assimilazione che hanno plasmato interi popoli
asiatici. Gli storici Gillman e Klimkeit, ad esempio, parlano addirittura di un «dialogo cristianobuddhista
condotto in Asia centrale mille anni fa, che vide cristiani e buddhisti non soltanto
vivere insieme, ma interagire costantemente» (Christians in Asia before 1500, p. 206).

Purtroppo gli esiti di queste ricerche non sono sufficientemente conosciuti, con il rischio che
di questo “patrimonio senza eredi” – come efficacemente è stato definito dall’archeologa
Adelaide Lala Comneno – si perda anche la memoria storica. Nondimeno, se la storia può e
deve essere “maestra di vita”, questo passato esige – oggi più che mai – eredi consapevoli e
responsabili, capaci di valorizzare e vivificare questo ricco “patrimonio comune” in vista di una
autentica crescita umana rispettosa della dignità di tutti.

Il progetto OBOR e i movimenti globali contemporanei che esaltano la dimensione
economica e tecnica a scapito dei valori culturali, etici e religiosi rischiano invece di insterilire e
massificare l’incontro dei popoli. Non si tratta di ostacolare progetti simili, ma di umanizzarli
mettendo al primo posto la dignità e la responsabilità umana, senza le quali ogni progetto
economico diventa inevitabilmente il Moloch di turno che tutti asservisce e umilia. È in questo
snodo storico cruciale, e vitale insieme, che le Religioni hanno il compito di ricordare alla 
coscienza di tutta l’umanità che «non di solo pane vive l’uomo» (Mt 4,4) e che inalienabile e
inviolabile è la dignità di ogni persona umana.

L’Asia, crogiuolo di popoli, culture e civiltà millenarie, e patria delle più antiche Tradizioni religiose dell’umanità, in questo momento è anche il Continente ove si registrano le più gravi limitazioni della libertà religiosa. Per questo le Religioni in Asia sono chiamate non solo a custodire e a trasmettere il ricco patrimonio del passato ma ad attivare quella che oserei chiamare la “Via della Seta dello spirito” lungo la quale la cultura dell’incontro, la collaborazione, il confronto e il dialogo garantiscano la dignità e i diritti del homo religiosus che il processo di globalizzazione economica e di secolarizzazione in atto tende ad emarginare e a sacrificare sull’altare del profitto di pochi. Solo un autentico risvegliodella coscienza culturale e religiosa può, infatti, sostenere e animare progetti di sviluppo amisura d’uomo.

In questa sede degli Incontri internazionali di preghiera per la pace, organizzati dalla
Comunità di S. Egidio, dove da trent’anni rappresentanti di popoli e religioni s’incontrano,
parlano, collaborano e dialogano per diffondere e radicare la cultura della fraternità e della pace,
auspico che la comunità di S. Egidio, e quanti con essa collaborano, nei prossimi anni scelgano
una tappa della Via della Seta per ridare voce e dignità a quel “patrimonio senza eredi” di cui
tutti siamo insieme responsabili e avviare così, insieme, la nuova “Via della Seta dello spirito”.