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Culto dei morti in Giappone

Yamamoto Mon
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01 Gennaio 2004

Yamamoto Mon, nostra sorella giapponese giunta al cristianesimo dal Buddismo, ci parla del culto dei morti nell’ambiente religioso dove è cresciuta, nell’isola del Kyushu.

Come per tutti gli aspetti della religiosità giapponese, anche nel culto dei morti si intrecciano credenze e riti riferibili sia allo Shintoismo, la religione originaria del Giappone, sia al Buddismo, entrato nel Paese nel VI secolo d.C. attraverso la Cina.

Quando ci si ammala si offrono sacrifici o si fanno voti e promesse nei templi alle divinità per ottenere la guarigione. Tra le divinità da invocare sono compresi anche gli antenati, poiché si crede che tutti, dopo la morte, diventiamo Hotoke, cioè divinità.
Se l’ammalato s’aggrava e si prevede prossima la fine, sono avvertiti i parenti più stretti..

Dopo la morte, per almeno 24 ore il defunto rimane in casa o è portato negli ambienti appositamente adibiti dalle Pompe Funebri. A turno si veglia accanto a lui perché non si senta solo.

Le usanze di solito variano da luogo a luogo. Quasi sempre gli si mette vicino una scodella di riso per sostenerlo nel viaggio che deve intraprendere. Un tempo, pensando che i defunti dovessero attraversare prima un grande fiume e poi una montagna di fuoco, si collocava accanto a loro anche del denaro perché si pagassero il trasporto. e una ciotola d’acqua. C’erano poi vari riti ad indicare, sia la paura che l’uomo ha della morte, sia la vaga sensazione che per diventare Hotoke, cioé divinità, è necessario in qualche modo essere purificati

La sera prima del funerale il bonzo viene a leggere alcuni “sutra” perché il defunto possa raggiungere il nirvana. A quel momento di preghiera partecipano familiari, amici, conoscenti, rigorosamente vestiti di nero. Ognuno passa davanti alla salma offrendo incenso e deponendo un fiore tolto dai grandi mazzi allestiti per la cerimonia. Dopo la cremazione tutti si ritrovano per un pranzo in comune nel ricordo della persona scomparsa. L’urna con le ceneri è collocata per alcuni giorni sull’altarino di famiglia e poi portata al cimitero in forma privata. Nel tempio vengono nel frattempo preparate due tavolette mortuarie con scritto il nome nuovo che il bonzo ha dato al defunto: una da custodire nel tempio stesso, l’altra da collocare sull’altarino di casa.

Le preghiere dei defunti si svolgono a scadenza fissa: inizialmente dopo 7 e 49 giorni dalla morte, poi durante alcuni anni. In queste occasioni è ancora chiamato il bonzo per la recita dei “sutra”.

La celebrazione dei morti in Giappone è il 15 agosto. Di fatto, però, inizia già al 13, giorno in cui si ritiene che i defunti arrivino dall’al di là. .Si conclude, poi, al 15, quando essi tornerebbero alla loro attuale dimora nel mondo dei morti..

A seconda dei luoghi, ci sono cerimonie e segni suggestivi. Così a Miyazaki molti accendono un piccolo fuoco nel giardino il 13 agosto, per aiutare il defunto a trovare la strada di casa e un altro il giorno 15, per orientarlo sulla via del ritorno.

Dopo il Concilio Vaticano II, la Chiesa giapponese ha cercato di introdurre nella liturgia dei defunti qualche caratteristica dei riti buddisti.
Vengono letti prima e durante il funerale alcuni passi della Bibbia. Sono brani che esprimono le ragioni della speranza cristiana, rivelando la misericordia di Dio che perdona i peccati nel nome di Gesù morto e risorto per dare a tutti una nuova vita.

È un momento privilegiato d'annuncio della buona novella per le tante persone non cristiane che vi partecipano.